Fibromialgia, cefalea, disturbi gastro-intestinali

Progetto di ricerca per la terapia del dolore cronico


Di Martina Ramezzano e Fabio Vassallo con Andrea Vallarino

Nel nostro lavoro quotidiano di osteopati, a stretto contatto con i pazienti e le loro sofferenze, valutando e toccando con mano, abbiamo osservato che la comprensione del dolore e delle sensazioni spiacevoli che la persona vive è molto complessa, non è lineare e le sue origini e le sue cause sono spesso sfumate e non chiare, specialmente nella fase cronica. La pratica clinica giornaliera, nel nostro particolare ambito di ricerca su problematiche croniche come la fibromialgia, anche nel reparto di terapia del dolore presso l’ospedale S. Martino di Genova, ci ha reso sempre più consapevoli del fatto che il sintomo e la sua origine spesso hanno un collegamento ben poco evidente e logico, soprattutto se si tratta di un problema cronico.
Nella clinica ci siamo resi conto che i risultati più evidenti si ottenevano non con la correzione di un’alterata funzione meccanica ma piuttosto lavorando sul sistema globale della persona.
Pazienti con evidenti ed importanti alterazioni negli esami strumentali spesso riportano una sintomatologia lieve se non addirittura assente, rispetto a pazienti con nessun tipo di alterazione ma con sintomi invalidanti.
Anche da questo deriva la difficoltà dei terapeuti di avere successo in maniera costante nel risolvere problematiche apparentemente identiche tra loro, qualsiasi tipo di terapia venga utilizzata. Questo sia perché il dolore è un esperienza fisica ed emozionale piuttosto complessa, e non è quindi l’espressione diretta di un evento sensitivo ma piuttosto è il prodotto di un complesso processo di elaborazione; sia per come viene strutturata e impostata la terapia.
Lo stesso vale per la risoluzione dei sintomi attraverso la terapia, che più che con correzioni strutturali avviene per cambiamenti nel funzionamento globale del paziente.
In maniera pragmatica abbiamo cercato di capire quali fossero i meccanismi della cronicizzazione di quello che avrebbe potuto essere un singolo episodio acuto sintomatico (ancora funzionale ai fini della sopravvivenza) e quali metodi di intervento potevano interromperne il circuito.

Sistema mente-corpo

Possiamo considerare l’organismo come un sistema percettivo-reattivo, una comunità di cellule che comunicano l’una con l’altra, con un flusso di informazioni che scorre in tutto il corpo, attraverso le cellule, gli organi, gli apparati. Questa comunicazione avviene quando le molecole informazionali (peptidi) si legano ai loro recettori, presenti sulle cellule, da un sistema all’altro, creando una rete ininterrotta di scambio, elaborazione e immagazzinamento di informazioni.
I peptidi raggiungono il cervello per farci vivere un’emozione che ci porterà ad assumere un comportamento in funzione della situazione ambientale che l’organismo sta vivendo (per esempio provare paura per farci scappare dal pericolo). Questo flusso di informazioni scatenerà anche una serie di risposte nella fisiologia, destinate a farci reagire in modo funzionale (ad esempio mandare sangue ai muscoli scheletrici per farci scappare più velocemente).
Sulla base di questo non c’è distinzione tra psiche e soma, ma la persona può essere vista in un’ottica di un sistema corpo-mente percettivo-reattivo.
È un sistema che apprende e si regola ai fini della propria preservazione, mantenendo una propria omeostasi. Se inizialmente i suoi adattamenti sono funzionali per la sopravvivenza, successivamente possono diventare disfunzionali. Il classico esempio può essere fatto descrivendo quello che accade con l’esperienza della paura: se in passato la paura ci ha salvato da una situazione pericolosa, attivando una serie di reazioni neurofisiologiche e comportamentali che ci hanno permesso di reagire prontamente al pericolo. Questo schema, se ripetuto quando non necessario, può diventare disfunzionale, limitando le possibilità di vivere una vita soddisfacente e iperattivando il sistema dello stress. Questo perché l’organismo tende a mantenere la propria situazione di equilibrio omeostatico, anche se disfunzionale, manifestando una resistenza al cambiamento, come un sistema cibernetico a controllo retroattivo. L’organismo si oppone al cambiamento ripetendo gli stessi schemi (neurobiologici, comportamentali, sistemici), cercando di preservare il proprio stato attuale, ripetendo ciò che ha funzionato in passato, sulla base delle esperienze vissute.

Il dolore

La stessa cosa accade con il dolore, che dal punto di vista biochimico, è a tutti gli effetti un’emozione.
Nella fase acuta il dolore è funzionale ai fini della sopravvivenza, spingendo per esempio la persona a riposarsi o prendersi cura di se, nella fase cronica invece non ha più nessuna utilità, diventando disfunzionale. È stato dimostrato che il dolore quando diventa cronico, da un problema nocicettivo diventa un problema emotivo.
In uno studio lo psicofisiologo Julian Thayer ha analizzato cosa succede nel cervello quando il dolore diventa cronico. Lo studio si basava su pazienti che sono stati testati e analizzati per 60 settimane; alcuni di questi avevano avuto un episodio acuto di dolore che si è risolto dopo circa 10 settimane, un altro gruppo aveva avuto un episodio acuto che non si è risolto, permanendo un dolore cronico per più di un anno.
Nei pazienti in cui il dolore si è risolto, a livello delle regioni nocicettive (del dolore) e delle regioni emozionali è avvenuta, inizialmente, un’attivazione che poi è diminuita.
Dall’altra parte, nei pazienti con dolore cronico, si è presentata un’attività nelle regioni nocicettive che è diminuita nel tempo, invece nelle regioni che presiedono alle emozioni, si è osservato un aumento dell’attività.
Le reazioni della persona all’emozione del dolore sono ciò che porta al suo superamento o alla sua persistenza. Dal punto di vista neurologico è ciò che determina se la via del dolore sarà facilitata o inibita.

Terapia psicosomatica

Da questo nasce un metodo di intervento, sviluppato a fini di ricerca, per un approccio integrato psicoterapeutico (breve strategico) e osteopatico, per la gestione del paziente sia nella fase cronica sia in quella acuta, lavorando insieme e sinergicamente sul sistema percettivo-reattivo della persona, con lo stesso approccio al paziente e alla problematica.
Il metodo di intervento sviluppato insieme al dr. Vallarino è applicabile a diverse problematiche croniche (fibromialgia, cefalea, disturbi gastrointestinali ecc). Può trovare applicazione anche nella fase acuta impendo al problema di cronicizzarsi.
È un intervento sul sistema percettivo-reattivo, visto come un sistema cibernetico, per l’interruzione del circuito cronico, che si discosta dalla vecchia visione di causa-effetto, dove la terapia più efficace non è ricercare la causa del problema e correggerla, bensì provocare un cambiamento, rendendo gli adattamenti, che il sistema corpo-mente mette in atto, meno rigidi, con più possibilità di scelta.

Nella ricerca si tiene conto del profilo psicologico del paziente (ossessivo, fobico, isterico ecc.) che contribuisce a determinare la percezione del dolore, la reazione allo stesso e il funzionamento del sistema in generale.
Questo metodo di approccio è volto a semplificare il sistema del paziente, che già da solo è bravo a complicarsi la vita. Come nelle psicopatologie (secondo l’approccio sistemico) la cronicizzazione del problema nasce dai tentativi della persona di gestire il problema stesso, questi tentativi di controllo sono proprio ciò che porta la persona ad intrappolarsi da sola in meccanismi dai quali non riesce più ad uscire.

Sul corpo verranno valutati i meccanismi che l’organismo mette in atto per gestire i sintomi.
E’ importante valutare gli schemi disfunzionali ripetuti che si manifestano in risposta alla vita e alla problematica stessa, contribuendo a mantenere la problematica cronica ad esempio: posizioni antalgiche, variazioni nella respirazione, controllo muscolare, variazioni posturali, variazioni nella meccanica articolare, schemi motori, variazioni nel funzionamento del sistema neurovegetativo (responsabile delle funzioni involontarie dell’organismo). Si tratta di una valutazione clinica del corpo nell’ottica di un sistema cibernetico, valutando ciò che il corpo fa per mantenere il suo stato di omeostasi, con quali meccanismi tende ad opporsi al cambiamento, mantenendo il suo stato attuale.
L’esame della postura è sicuramente uno dei modi più semplici immediati ed evidenti per valutare come l’organismo si organizza in funzione dell’ambiente interno ed esterno. La disposizione del corpo nello spazio, l’organizzazione del sistema neuro-muscolo-scheletrico, la facilitazione di mobilità di un’articolazione in una direzione, deviazioni dall’asse centrale, chiusure ecc., sono una manifestazione dell’autoregolazione di un sistema di comunità cellulare che percepisce e reagisce.
La salute corrisponderà ad un passaggio da una rigida e disfunzionale posizione percettiva-reattiva, ad una condizione elastica con più possibilità di scelta.
Un corpo più rigido in un determinato atteggiamento posturale avrà meno possibilità di adattarsi, meno capacità di movimento, meno possibilità, proprio come la mente.

Tutto ciò lo osserviamo non in un ottica di causa-effetto, ma di ricerca delle resistenze al cambiamento, in un sistema circolare che è tale anche nella sua componente fisica.

Nella clinica, condurre la persona a liberarsi dai propri tentativi fallimentari di gestire il dolore rappresenta una buona parte della terapia.
Dal punto di vista comportamentale il paziente mette in atto delle tentate soluzioni nei confronti della problematica stessa, di cui il terapeuta deve tenere conto, per esempio: una terapia farmacologica sintomatica protratta, evitare situazioni o attività che possono aumentare il dolore, terapie fallimentari, abuso di farmaci, che invece di portare a uno stato autonomo di salute, diventeranno delle “stampelle” con le quali la persona continuerà a zoppicare invece che reimparare a camminare.

Trattando un paziente con reflusso gastroesofageo cronico, si è raggiunta la massima efficacia terapeutica lavorando sia sul corpo: interruzione dei circuiti biologici facilitati, come l’iperproduzione di secrezioni gastriche, trattando l’alterata meccanica respiratoria, lavorando sul controllo neurovegetativo dell’organo, sia valutando le reazioni disfunzionali che il paziente aveva messo in atto per risolvere il problema, spinto dalla sua componente ossessiva, come per esempio evitare tutti gli alimenti che secondo il paziente potevano portare ad una cattiva digestione, le attenzioni nell’orario di assunzione dei pasti, i rimedi naturali e farmacologici assunti per un periodo protratto.

Questo metodo di lavoro sul corpo viene arricchito da un atteggiamento terapeutico volto al cambiamento e all’autonomia del paziente, per esempio utilizzando una precisa tempistica delle sedute, allungando i tempi tra una incontro e il successivo, proprio come nella terapia breve e strategica, togliendo a poco a poco le tentate soluzioni che il paziente mette in atto nella vita e nei confronti della problematica cronica.

Si ricercherà un’esperienza emozionale correttiva, che creerà un cambiamento nel sistema, portando la persona verso un nuovo modo di percepire la realtà, se stessa ed il corpo. Verso un nuovo modo di sentire.

Ci auspichiamo che questo progetto si concretizzi nella realizzazione di un centro di ricerca per il dolore e le problematiche croniche, dove venga applicato un metodo utilizzabile dai terapeuti che lavorano con il dolore, che affonda le sue radici nella terapia sistemica e nei principi dell’osteopatia che vede la persona come un’unità di corpo mente e spirito.

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